Messico. 11 anni di detenzione arbitraria per Pablo López Alavez

In un contesto di rivalità tra gli abitanti di San Miguel Aloápam e San Isidro Aloápam, nello stato di Oaxaca, distretto di Itxlán, il 15 agosto 2010 intorno alle 13 la famiglia López esce in cerca di sabbia sulle alture di Santana, vicino alla zona del Río Virgen, a San Isidro, quando circa 20 uomini incappucciati vestiti di nero intercettano il camion su cui viaggiano, rompendo i finestrini, aggredendo Yolanda Pérez Cruz e le sue figlie, di 22 e 25 anni e il figlio di 5 anni e sequestrano Pablo López Alavez.

La mattina del 17 agosto 2010, l‘Agenzia Statale Investigativa (AEI) riferisce che Pablo López Alavez è stato imprigionato a Etla, e fornisce notizie completamente diverse: secondo questa fonte il gruppo EAI, comando di settore di Etla, ha fatto irruzione la notte del 14 agosto a San Isidro Aloápam per arrestare Pablo López Alavez, con l’accusa di due omicidi e di altri otto tentativi di omicidio nei confronti di persone di San Miguel Aloàpam, nella zona di Yyusuni il 17 giugno 2007.
Come detto, Pablo Lòpez Alavez è stato rapito il 15 agosto e non sono noti fatti che lo colleghino a omicidi o tentati omicidi.

Il 13 ottobre 2010, il Consiglio Indigeno Popolare di Oaxaca “Ricardo Flores Magón” (CIPO-RFM), organizzazione per la difesa pacifica dei diritti degli indigeni, presenta una denuncia alla CEDH contro il giudice di Etla, responsabile della Pubblica accusa, accusandolo di negligenza. La denuncia è accolta il 15 ottobre 2010. Il giudice federale decide di proteggere Pablo López Alavez e chiede al giudice di Etla di dimostrare e argomentare legalmente il motivo per cui ha emesso un ordine formale di detenzione nei suoi confronti senza portare prove sufficienti.

La Commissione per la Difesa dei Diritti Umani di Oaxaca, nella sua relazione CDDH / 1191 / (06) / OAX / 2010, del 16 dicembre 2010, rileva “l’esistenza di violazioni dei diritti umani nei confronti di Pablo López Alavez e un’offesa all’interesse della società”. Il 10 gennaio 2011, il CIPO-RFM presenta una nuova richiesta (26/2011) al terzo tribunale distrettuale di Oaxaca, per ottenere il rilascio di Pablo López Alavez, dopo aver dimostrato che il processo è illegale e iniquo.
Ciò nonostante e nonostante una nuova raccomandazione del 11/2015 da parte della Commissione per la difesa dei diritti umani di Oaxaca (DDHPO) che indicava come il procedimento contro Pablo López Alavez fosse pieno di irregolarità, nel novembre 2018 la sua condanna a 30 anni è stata confermata.

Nel 2017, il gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dichiarato arbitraria la detenzione di Pablo López Alavez , con parere 23/2017, per violazione degli articoli 19, 20 e 21 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nonché degli articoli 14, 19, 21, 22 e 25 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici.

Il gruppo di lavoro ha ritenuto altresì che il vero motivo dell’arresto e della persecuzione di Pablo López fosse da ricercare nella sua attività di difensore dei diritti ambientali della sua comunità, arresto che ha violato la sua libertà di espressione e il suo diritto di partecipare agli affari pubblici.

Anche la moglie di Pablo López Alavez, l’ambientalista Yolanda Pérez Cruz, originaria di San Isidro Aloápam, è stata vittima di continui attacchi e minacce per il suo impegno in favore della liberazione del marito e ha dovuto cambiare residenza, ragione per cui il difensore civico per i diritti umani del popolo di Oaxaca ha approvato misure di protezione nei suoi confronti.
Il 23 ottobre 2020 Pablo López Alavez, privato della libertà ormai da undici anni e due mesi, ha inviato un ricorso scritto al tribunale penale di Etla, Oaxaca, (causa penale 102/2007).

La sua liberazione e la riparazione per il danno causato a lui e alla sua famiglia è improrogabile!

Ulteriori informazioni sul caso di Pablo López Alavez:

Atti 12, 6-7
… Pietro stava dormendo in mezzo a due soldati, legato con due catene; e le sentinelle davanti alla porta custodivano il carcere. Ed ecco, un angelo del Signore sopraggiunse e una luce risplendette nella cella. L’angelo, battendo il fianco a Pietro, lo svegliò, dicendo: «Alzati, presto!» E le catene gli caddero dalle mani.


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