Merri Utami: una donna sfruttata nel braccio della morte

Merri Utami, una lavoratrice migrante, inconsapevolmente sfruttata dai trafficanti di droga in Indonesia, ha trascorso 19 anni in attesa dell’esecuzione.
Merri è stata condannata per traffico di droga nel 2002 e, 14 anni dopo, il suo nome è stato inserito nell’elenco delle esecuzioni. La sua esecuzione è stata ritardata a causa delle proteste pubbliche e di una richiesta di clemenza fatta dal suo team legale, ma è si trova ancora nel braccio della morte a Cilacap, sperando nella clemenza del presidente della repubblica.

Merri ha sempre insistito sul fatto di non essere a conoscenza del suo ruolo e della droga trovata nella sua valigia. Nonostante la brutalità degli agenti di polizia e le torture subite, si è sempre rifiutata di confessare. È stata infatti presa di mira e manipolata da trafficanti di droga professionisti. Come molte donne condannate a morte per reati di droga, la vita di Merri è stata segnata da povertà, abusi e sfruttamento. Si è sposata giovanissima con un uomo brutale e violento, un giocatore d’azzardo che la picchiava regolarmente quando era ubriaco. Uno dei loro due figli, un maschio, è nato con una valvola cardiaca difettosa e il costo delle cure richiedeva molto denaro. Pertanto, Merri lascia l’Indonesia e va a lavorare come badante a Taipei.

Nel frattempo si separa dal marito violento e conosce un uomo d’affari canadese che le promette di sposarla. Dopo una vacanza trascorsa insieme in Nepal, Merri ritorna da sola in Indonesia e viene però arrestata dalla polizia con l’accusa di traffico di droga. Un chilo di eroina era nascosto nella borsa che il suo amante le aveva regalato prima di partire all’improvviso col pretesto di un lavoro urgente.
Il tribunale che l’ha condannata a morte non è stato messo al corrente dei suoi trascorsi di violenza subita in casa da parte del marito e delle vessazioni sperimentate come collaboratrice domestica. Il suo avvocato d’ufficio, come tanti difensori delle condannate a morte, non aveva espletato il suo compito nella maniera adeguata.

Il 20 maggio 2002 Merri è stata condannata a morte tramite fucilazione. Il verdetto è stato poi confermato dalla Corte Suprema nel 2003. Poco dopo la sua condanna, ha ricevuto la notizia della morte del figlio malato.
Merri ha affrontato le umiliazioni quotidiane all’interno del sistema carcerario femminile con coraggio, ha combattuto per rendere la sua vita tollerabile, ha imparato a fare giardinaggio ed è diventata un membro attivo della chiesa.

Una notte del 2016, due guardie carcerarie la svegliano e la informano che sarebbe stata trasferita nella “isola delle esecuzioni”. Sua figlia cerca disperatamente di contattare l’avvocato d’ufficio. Il Legal Aid Institute of Indonesia, venuto a conoscenza del suo caso, offre i propri servizi legali e si affretta a presentare una petizione di clemenza al presidente dell’Indonesia, prima che sia troppo tardi. La richiesta di grazia è tuttora senza risposta e, dopo cinque anni, Merri rimane ancora in carcere con una condanna a morte incombente.

Situazione generale
Secondo Amnesty International, nel 2020 in Indonesia sono state emesse almeno 117 condanne a morte, soprattutto per reati di droga, contro le 80 del 2019. In almeno 100 casi gli imputati sono stati giudicati colpevoli e condannati al plotone di esecuzione da giudici che hanno visto solo su un monitor a causa della pandemia del Covid-19. Attualmente ci sono più di 350 detenuti nel braccio della morte, il 60% dei quali per reati di droga. Nell’aprile di quest’ano, 13 membri di una banda di trafficanti di droga, tra cui un iraniano e un pakistano, sono stati condannati a morte con sentenza pronunciata tramite Zoom.

In Indonesia, la pena di morte è prevista per una serie di reati tra cui omicidio, terrorismo, droga, rapina, spionaggio. Su una popolazione di circa 200 milioni di abitanti si stima che circa un milione e mezzo di persone sia tossicodipendente e che spenda in media circa centomila rupie al giorno per l’acquisto di sostanze stupefacenti. La legge 5/1997 prevede che chi produce o traffica in sostanze stupefacenti può essere condannato a morte. Dopo una moratoria che durava dal 2008 sono quindi riprese le esecuzioni nel 2013, quando sono state giustiziate 5 persone, 2 delle quali per traffico di droga. Il 18 gennaio 2015 sono stati giustiziati una donna indonesiana e 5 stranieri per reati connessi alla droga, nonostante gli appelli alla clemenza di vari leader mondiali e dell’allora segretario ONU Ban KiMoon. Il presidente indonesiano Joko Widodo che si è insediato nel 2014 ha adottato una linea dura nei confronti dei trafficanti di droga detenuti nel braccio della morte, ribadendo a più riprese che non avrebbero ricevuto la grazia presidenziale perché l’Indonesia sta affrontando una vera e propria emergenza a causa degli alti consumi di droga.

La pena di morte Top Secret
Le esecuzioni avvengono all’alba tramite fucilazione e la notizia diviene di dominio pubblico solo dopo. I familiari, gli avvocati e gli stessi condannati sono tenuti all’oscuro su data e ora dell’esecuzione fino a settantadue ore prima. Questa mancanza di trasparenza è devastante non solo per i detenuti e le loro famiglie, ma può anche impedire appelli dell’ultima ora per una sospensione della esecuzione.

I cittadini indonesiani e la pena di morte
La maggior parte dei cittadini indonesiani è favorevole alla pena di morte, tuttavia, secondo una ricerca della università di Oxford pubblicata il 30 giugno 2021, il sostegno diminuisce via via che si apprendono maggiori particolari sulla realtà delle esecuzioni o su specifici aspetti, come i processi iniqui. Questo fa ben sperare in una possibile moratoria e in un cambio nella politica dei Diritti Umani in Indonesia.

**Il caso di Merri Utami è tra le testimonianze raccolte da World coalition against the death penalty per la Giornata mondiale contro la pena di morte che si celebra il 10 ottobre e che quest’anno è dedicata alle condanne a morte inflitte alle donne


Petizione su change.org (il testo in inglese segue quello in indonesiano)
https://www.change.org/p/joko-widodo-grasi-untuk-merry-utami-selamatkan-merry-dari-ketidakadilan

Ulteriori informazioni sulla pena di morte in Indonesia
https://www.nessunotocchicaino.it/search.php
https://lbhmasyarakat.org/tag/merri-utami/
https://deathpenaltyworldwide.org/merri-utami-migrant-domestic-worker-unwittingly-exploited-by-drug-traffickers-in-indonesia/
https://www.amnesty.org/en/location/asia-and-the-pacific/south-east-asia-and-the-pacific/indonesia/report-indonesia/

Giov. 8,5-7 «…Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». …..  E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 


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