Migranti. Appello per una totale revisione degli accordi tra Italia e Libia

A fine maggio 2020, con una sentenza importante, il Tribunale di Messina ha condannato a 20 anni di prigione tre cittadini stranieri ritenuti responsabili di torture e maltrattamenti a danno di profughi e migranti all’interno del campo di prigionia di Zawyia in Libia. Ancora una volta (nel 2017 era stata la Corte di Assise di Milano a riconoscere le torture nei campi di detenzione in Libia) la Giustizia italiana riconosce quanto da anni viene denunciato da Organismi internazionali e ONG.

A marzo 2020, con LA FABBRICA DELLA TORTURA, rapporto sulle gravi violazioni dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati in Libia (2014-2020), frutto di circa 3000 testimonianze di migranti transitati nel paese dal 2014 al 2020, l’ONG MEDU (Medici per i diritti umani) ha confermato, attraverso le voci dirette, quanto ormai noto: i migranti transitati per la Libia raccontano di aver subito tortura o trattamenti inumani e degradanti, in alcuni casi di essere stati vittima di sequestro, in altri di aver assistito alla morte o alla tortura di altri migranti e molti di loro aggiungono di essere stati costretti a torturare per sopravvivere.

Inoltre è l’ONU stessa, a fine gennaio di quest’anno, a calcare pesantemente la mano per condannare quanto sistematicamente viene registrato all’interno del paese nordafricano e ampiamente documentato ormai da anni. Alcuni giorni dopo la chiusura del vertice di Berlino (dedicato alla questione libica), scrive il quotidiano Avvenire, il segretario generale della Nazioni Unite, Guterres, ha depositato al Consiglio di sicurezza un rapporto subito acquisito dalla Corte penale dell’Aia.
Nel report viene espressamente citata la responsabilità dei guardacoste libici accusati di catturare i migranti intercettati sui barconi per poi deportarli, con la complicità di funzionari statali, non solo nelle prigioni ufficiali ma perfino nei campi di prigionia clandestini. «…migranti e rifugiati hanno continuato a essere sistematicamente sottoposti a detenzione arbitraria e tortura, in luoghi di detenzione ufficiali e non ufficiali…», luoghi in cui vengono sottoposti a «… violenza sessuale, rapimento per riscatto, estorsione, lavoro forzato», si legge nel dossier. «I responsabili di tali violazioni – scrive Guterres– comprendono funzionari governativi, membri di gruppi armati, contrabbandieri, trafficanti e membri di bande criminali».

Ed è proprio in questo rapporto che viene evidenziato anche se non esplicitamente condannato, il ruolo dell’Italia: «Il 2 novembre 2019, un protocollo d’intesa tra l’Italia e il governo di Accordo nazionale libico… è stato rinnovato». Difatti il 2 novembre 2019 scadeva il termine entro il quale l’Italia avrebbe potuto rinegoziare in tutto o in parte l’accordo siglato con la Libia il 2 febbraio del 2017. Accordo che, ufficialmente, disciplina la cooperazione nel campo dello sviluppo, il contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani e al contrabbando e il rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana, e prevede che il governo italiano fornisca aiuti economici e supporto tecnico alle autorità libiche (in particolare alla Guardia costiera).

Nonostante le pressioni e le richieste avanzate da più parti per l’annullamento dello stesso a causa delle violenze subite da profughi e migranti, l’accordo in questione è tuttavia rimasto invariato e si è tacitamente rinnovato per altri tre anni il 2 febbraio 2020, salvo le assicurazioni, da parte dei due Governi, che importanti modifiche verranno fatte nei termini di maggiori garanzie per i diritti umani.

Solo a inizio luglio 2020 il comitato tecnico composto in egual misura da italiani e libici si è riunito per concordare eventuali modifiche in questa direzione. Stando a quanto riferiscono i mezzi di informazione gli emendamenti dovrebbero includere maggiori garanzie per quanto riguarda il rispetto dei diritti dei migranti detenuti in Libia e la graduale chiusura dei centri di detenzione.
Non è tuttavia chiaro come farà l’Italia a ottenere che queste condizioni vengano realmente rispettate, soprattutto tenuto conto del fatto che la Libia non ha mai ratificato la convenzione di Ginevra sui rifugiati e richiedenti asilo.
Dal canto suo, inoltre, l’Italia continua ad essere messa sotto accusa in quanto, a tutti gli effetti, complice di un sistema che viola costantemente i diritti fondamentali di profughi e migranti, respingendo de facto i migranti verso un Paese dove si pratica la tortura.

Il 26 giugno scorso, il Centre Suisse pour la Défense des Droits des Migrants (CSDM), ha inviato al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura una richiesta di indagine formale concernente la condotta dell’Italia nel Mediterraneo centrale, ai sensi dell’articolo 20 della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti.
Con questa Chiamata Urgente, chiediamo al Presidente del Consiglio dei Ministri d’Italia Prof. Avv. Giuseppe Conte di realizzare una radicale revisione degli accordi tra Italia e Libia, così da poter garantire pienamente il rispetto dei Diritti Umani dei migranti.

Lettera appello al presidente Conte

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*Azione congiunta di tutte le ACAT europee