NOVEMBRE 2018: MESSICO-CINA

MESSICO: Alfredo Vidal Córdoba (38 anni) è stato arrestato  l’11 giugno 2014 alla guida del suo taxi a Huimanguillo nello stato di Tabasco, vicino al Chiapas dove risiedeva. Egli ricorda come poliziotti in abiti civili l’abbiano prelevato su un veicolo senza targa coprendogli il volto, minacciandolo e picchiandolo per costringerlo a confessare di aver sequestrato i passeggeri del suo taxì. Egli afferma, invece, di essere stato  costretto a trasportare le persone sotto minaccia armata poco prima del suo arresto e denuncia di essere stato portato in un luogo segreto dove è stato costretto a infilare la testa nel W.C. e ad ingoiare degli escrementi. Durante la notte è stato trasferito nel Chiapas, dove di nuovo è stato picchiato e minacciato di morte e il giorno dopo ha ancora subito torture. Dal 2014 è detenuto nella prigione di Pichucalco.
Nel dicembre 2017, medici indipendenti lo hanno sottoposto al Protocollo d’Istanbul (per determinare se una persona è stata torturata, stabilendo prove da usate nel processo), riscontrando la verosimiglianza delle sue torture. L’organismo specializzato contro la tortura del Chiapas si è recato nel maggio 2018 alla prigione per visitare Alfredo Vidal Córdoba e ha chiesto al giudice che si occupa del caso di prendere in esame il risultato del Protocollo d’Istanbul. Ma l’inchiesta è ferma e Alfredo Vidal Córdoba non riceve le necessarie cure per il suo diabete del tipo 2.
Da dodici anni nel Messico è in atto una grave « crisi dei diritti umani » con un tasso di impunità del 98 %, secondo l’ONU. Nel quadro della « guerra » governativa  contro la delinquenza organizzata, le forze dell’ordine e l’apparato giudiziario hanno proceduto ad arresti e condanne di massa utilizzando confessioni estorte e false prove.
Vengono segnalati:
    • almeno 37.435 sparizioni censite dal Registro nazionale delle persone scomparse (RNPED), con un aumento del 474 % dal 2007 a ottobre 2016;
    • 7 635 denunce di tortura  registrate dalle Commissioni  dei diritti dell’Uomo   a livello nazionale e degli stati federali fra il 2007 e il 2016;
    • Più di 200 000 omicidi volontari dal 2007con una netta recrudescenza dal 2016. Record raggiunto nel 2018 con  88,7 omicidi al giorno;
    • 330 000 deportati all’interno dal 2009 a ottobre 2018;
    • 47 giornalisti assassinati dal 2013, durante la presidenza d’E. Peña Nieto;
La tortura è una pratica endemica, polizia e militari sono in genere responsabili di episodi di tortura nei primi giorni dell’arresto e nei trasferimenti nelle prigioni, agenti dei ministeri sono accusati di coprire arresti e detenzioni arbitrarie, torture e false prove e intimidazioni ma esiste anche la complicità di giudici che non promuovono inchieste per le denunce di tortura e avvocati d’ufficio che anche essi coprono o tacciono sulle violazioni dei diritti dei loro clienti
CINA: Il giornalista indipendente Huang Qi, detenuto da quasi due anni senza processo, si è sempre rifiutato di dichiararsi colpevole. Recentemente è stato anche torturato per convincerlo a confessare e di conseguenza il suo stato di salute si è ulteriormente deteriorato. I suoi familiari temono per la sua vita.
Huang Qi è stato arrestato il 28 novembre 2016 con l’ accusa di “divulgazione di segreti di stato all’estero”, crimine che prevede la pena di morte. Durante i 22 mesi trascorsi nella prigione di Mianyang nel Sichuan è stato sottoposto a maltrattamenti e atti di tortura da parte dei poliziotti. E’ stato anche percosso dai compagni di cella per indurlo a confessare. Tutto senza successo perché si è sempre dichiarato innocente. Il processo, fissato per il 20 giugno 2018, è stato annullato e nessuna altra data è stata prevista. La madre ottantacinquenne ha espresso ripetutamente il timore che il figlio possa morire in prigione come accaduto al dissidente Liu Xiao Bo, premio Nobel per la pace, e ha chiesto alle autorità cinesi di concedergli il permesso di curarsi in libertà.
Huang Qi è il fondatore di “64 Tianwang”, un sito web indipendente che documenta i casi di violazione dei diritti umani in Cina e censurato dalle autorità. Huang soffre di diverse patologie, tra cui malattie renali e di fegato, contratte durante precedenti periodi di detenzione in prigione e nei campi di lavoro. Nel 2003 ha scontato una condanna a cinque anni di prigione per aver scritto articoli “sovversivi” sul movimento pro democrazia sfociato nell’eccidio di piazza Tienanmen. Successivamente, tra il 2008 e il 2011, una condanna a tre anni di prigione per aver investigato sulle criticità delle infrastrutture che hanno causato la morte di migliaia di studenti durante il terremoto del 2008 nel Sichuan.
Sebbene proibite dalla legge, le confessioni forzate sotto tortura sono molto comuni in Cina. Le confessioni di personaggi di rilievo (avvocati e attivisti dei diritti umani) a volte vengono trasmesse in televisione per dissuadere e terrorizzare le persone affinché non si impegnino in simili attività illegali.
Le paure della madre di Huang Qi non sono infondate, tanti dissidenti sono morti in prigione e i loro corpi non sono stati consegnati ai familiari, cosa che fa pensare che i decessi siano dovuti alle torture subite oltre che alle malattie contratte in prigionia.