OTTOBRE 2019: EGITTO-SRI LANKA

EGITTO: arresti per motivi politici dei difensori dei diritti umani
Sotto il governo al-Sissi  l’Egitto  subisce una intensificazione senza precedenti di arresti, che coinvolge l’avvocato Mohamed El-Baker arrestato domenica 29 settembre mentre come avvocato assisteva Alaa Abdel Fattah in una audizione negli uffici del procuratore della sicurezza dello Stato. Alaa Abdel Fattah, noto attivista e uno dei simboli della rivoluzione del 2011, era stato quella stessa mattina condotto lì dalla sua cella nel commissariato di polizia di Dokki al Cairo, dove doveva  passare le notti essendo in controllo giudiziario il 29 marzo dopo 5 anni di prigione.
Anche Mohamed El-Baker è stato posto in detenzione provvisoria per 15 giorni rinnovabili e indagato per partecipazione a un gruppo terrorista, finanziamento d’un gruppo terrorista, e diffusione di false informazioni che minacciano la sicurezza nazionale. Entrambi sono detenuti nella tristemente celebre prigione Tora al Cairo, nel settore 2 di massima sicurezza senza diritto a visite. Una settimana prima Mohamed el-Baker aveva subito un tentativo d’arresto mentre si trovava nei locali del procuratore della sicurezza dello Stato assistendo un altro cliente indagato per lo stesso tipo di reato. Mohamed El-Baker è il fondatore e direttore del Centro Adalah per i diritti e le libertà, fondato nel 2014, un’ organizzazione di difesa dei diritti umani che opera anche come studio legale per la difesa di, vittime del regime repressivo egiziano. Nel 2014, Mohamed era stato arrestato per diversi mesi per aver « manifestato senza autorizzazione ».
 Secondo diverse fonti si contano fra le  1900 e 2600 persone arrestate dopo le manifestazioni del 20 e 21 settembre 2019, fra loro molti membri  dell’opposizione, militanti politici, avvocati e difensori dei diritti umani come Mahienour Al-Masri, Khaled Dawoud, o Asmaa Dabees. Queste manifestazioni seguono la visione di molti video di un certo  Mohamed Ali, uomo d’affari egiziano esiliato in Spagna  che accusa il presidente  al-Sissi, il suo entourage e l’esercito di corruzione. Queste  rivelazioni, anche se difficili da provare, cadono in un contesto economico difficile  per milioni di egiziani cui sono state imposte misure di austerità dal 2016 mentre l’esercito appare sempre di più come dominante nel campo dell’economia.
Dalla presa di potere del regime militare nel 2013, l’Egitto vede un degrado molto preoccupante in materia dei diritti umani, a partire dal massacro dei seguaci  del presidente Mohamed Morsi riuniti nelle piazze di Rabaa e Ennahda al Cairo, nel quale morirono fra le 800 e le 1000 persone.
I recenti emendamenti costituzionali adottati in aprile permettono ad al-Sissi di restare al potere fino al 2030 facendo dell’esercito  «il garante della democrazia e della Costituzione». Questa modifica consente all’esercito d’intervenire in ogni momento nella vita politica, opponendosi, per esempio a risultati elettorali considerati una minaccia per la democrazia, costituzionalizzando in tal modo il colpo di stato militare. Intanto, il regime ha attaccato le opposizioni iniziando dai Fratelli  mussulmani, definito  gruppo terrorista e da cui era  uscito Mohamed Morsi –primo presidente egiziano eletto democraticamente e di recente morto in prigione. I militari attaccano anche i  media indipendenti e gli attivisti e difensori dei diritti umani. Le autorità li accusano d’assistenza a una organizzazione terrorista, d’appartenenza a un gruppo terrorista e di diffusione di false informazioni che minacciano  la sicurezza dello Stato.
SRI LANKA: Dopo 43 anni di moratoria, si vuole reintrodurre la pena di morte
Il 10 ottobre ricorre la “Giornata mondiale contro la Pena di Morte”
Dopo 43 anni di moratoria il paese pianifica di reintrodurre la pena di morte. Lo Sri Lanka ha eseguito la sua ultima condanna a morte nel 1976. Alla data vi sono 1299 prigionieri la cui pena capitale è stata mutata in prigione a vita: una. consuetudine dei tribunali dello Sri Lanka nei confronti dei trafficanti di droga, assassini e stupratori.
In seguito a una recrudescenza dei crimini legati alla droga, il Presidente dello Sri Lanka, Maithripala Sirisena, ha deciso a inizio 2019 di abbandonare la moratoria di fatto sulla pena capitale e reintrodurre questa punizione irreversibile. L’esempio del Presidente filippino Duterte (oltre 4000 esecuzioni tra i trafficanti di droga) e gli attentati di Pasqua 2019 con 258 morti e 500 feriti hanno rinforzato la convinzione del Presidente Siresena di chiedere e applicare la pena di morte per i terroristi.
Nonostante alcune opposizioni interne al governo, il Presidente ha condannato 4 trafficanti di droga all’impiccagione. Data le segretezza sia del nome dei condannati sia della data prevista per l’esecuzione, nessuno è in grado di dire se i processi sono stati giusti ed equi.
Comunque, il 5-7 scorso,la corte suprema dello Sri Lanka ha sospeso le 4 esecuzioni, fino alla discussione su un ricorso contro la reintroduzione della pena di morte. Pertanto, almeno fino alla prossima udienza (29-10-2019) i 4 condannati non saranno giustiziati.
La nostra azione perché lo Sri Lanka abolisca definitivamente la pena capitale si affianca a quella della Coalizione Mondiale contro la Pena di Morte, di altre ACAT e di oltre 50 ONG.
Questa azione diventa ancora più importante perché testimonia la viva partecipazione di ACAT Italia e di FIACAT alla Coalizione Mondiale contro la Pena di Morte, in occasione del 10 Ottobre in cui ricorre la XVII “Giornata mondiale contro la Pena di Morte”.