Aprile 2019: Cina-Italia

Cina: avvocato imprigionato senza processo 
Il primo febbraio 2019, l’avvocato specializzato nei diritti umani Yu Wensheng è stato formalmente accusato di « sovversione » e il  suo dossier trasferito al tribunale popolare di Xuzhou  in attesa della data del processo. Tuttavia nessuna notifica ufficiale è stata emessa dalle autorità. La moglie dell’avvocato, Xu Yan è stata avvertita di questo sviluppo  solo recentemente, e in modo informale, da un impiegato della procura di Xuzhou. Se riconosciuto colpevole, Yu Wensheng rischia fino a  15 anni di prigione.
Il 12 e 13 febbraio 2019, gli avvocati di Yu Wensheng si sono visti rifiutare di nuovo la possibilità di incontrarlo nel centro di detenzione. Dal suo arresto nel gennaio 2018, hanno tentato di vederlo 25 volte senza successo. Tutte le loro richieste sono state rigettate dalla polizia senza chiari motivi o giustificazioni. Ora che sembra vicino il processo, si può temere che Yu Wensheng sia sottoposto a torture o maltrattamenti tali da costringerlo a confessarsi colpevole.
Avvocato a Pechino, Yu Wensheng  rappresentava le petizioni di militanti  per i diritti civili, dei membri del Falun Gong e più recentemente i suoi colleghi avvocati vittime della repressione in Cina, fra i quali Wang Quanzhang. Nello scorso novembre ha fatto parte dei premiati dell’edizione 2018 del premio franco tedesco dei diritti dell’Uomo e dello Stato di Diritto.
Yu Wensheng è stato arrestato il 19 gennaio 2018, mentre accompagnava a scuola suo figlio. Per tre mesi è stato confinato in una «residenza sorvegliata in un luogo destinato», una specificità cinese che consente di tenere un detenuto  in segreto in modo legale  in nome della sicurezza nazionale.In questo periodo i suoi avvocati e la sua famiglia non hanno potuto vederlo e, nel contempo, le autorità hanno approfittato per radiarlo dal tribunale di Pechino. Solo nell’aprile 2018 le autorità lo hanno arrestato ufficialmente per «incitazione alla sovversione dello Stato» e «ostacolo ad un agente nell’esercizio delle sue funzioni» confermando la sua detenzione nella prigione di Xuzhou. Nello stesso giorno gli avvocati di Yu Wensheng, Chang Boyang e Xie Yang, ricevevano una comunicazione scritta e firmata dal loro cliente nella quale li sollevava dall’incarico e chiedeva a sua moglie di non nominare altri avvocati.
Le autorità cinesi hanno per abitudine  di costringere i detenuti a sollevare dall’incarico i loro avvocati indipendenti e così assegnarli ad avvocati d’ufficio nominati dal governo e a questo fedeli. E’ quasi certo che Wensheng è stato vittima di maltrattamenti o torture.
L’arresto di Yu Wensheng è direttamente conneso all’ondata di repressione che ha visto coinvolti centinaia di avvocati e giuristi in operazioni di polizia dal luglio 2015. Attualmente la maggior parte di loro è stata radiata dal tribunale e sono tenuti sotto stretta sorveglianza o in prigione e tutti hanno testimoniato di aver subito torture per costringerli a confessare.
Italia: i porti sicuri e la situazione libica
Sempre più  gravi le notizie che giungono dalla Libia dove si fronteggiano gli eserciti e le fazioni che fanno capo al governo nazionale di Al Serraji e quelle del generale Haftar. A farne le spese, come al solito, la popolazione civile inerme e le persone rinchiuse nei centri di detenzione o, meglio, nei lager libici. È di queste ultime ore la notizia di bambini soldato arruolati nelle forze del generale Haftar, di profughi eritrei e sudanesi detenuti nei campi vicino a Tripoli costretti a indossare divise militari e mandati a combattere per il paese che li tiene prigionieri e li ha torturati.
Carne da cannone, dopo essere stati usati come merce preziosa dai trafficanti di uomini, abusati, torturati, nell’indifferenza e nella complicità  dell’Italia e dell’Europa, subiscono adesso questo ultimo insulto. Secondo l’UNCHR questo tipo di arruolamento forzato è stato messo in pratica in ben quattro centri di detenzione in Tripolitania.
E mentre continuano le evacuazioni dei cittadini europei, ricordiamo che l’ENI ha fatto evacuare il proprio personale presente a Tripoli, non c’è nessuna via di salvezza per le migliaia di donne, uomini e bambini detenuti nei lager libici in condizioni igienico sanitarie disumane, sottoposti a torture giornaliere, alla fame e alla sete aggravate dalla mancanza di rifornimenti alimentari sotto i bombardamenti. Si calcola che siano circa 5700 persone. A queste si aggiungono i quasi 10.000 sfollati che hanno perso tutto sotto i bombardamenti e che potrebbero cercare una via di salvezza imbarcandosi verso l’Europa.
E intanto in Italia si continua a considerare i porti libici come “porti sicuri”, mentre l’ONU dice esattamente il contrario e  la Commissione Europea ha sempre detto che “ al momento in Libia non ci sono le condizioni di sicurezza ed è per questo che tutte le imbarcazioni che battono bandiera Ue non possono fare sbarchi di migranti in Libia”.
Scriviamo al Presidente del Consiglio Avv. Giuseppe Conte, perché consideri i porti libici come “non sicuri” e voglia aprire i porti italiani per salvare vite umane.
Firma la petizione su Avaaz